L’emergere delle potenze del sud e la rivoluzione delle risorse.
di Greta Triassi
E in tutto questo processo, qual è il ruolo dell’Europa?
In un futuro non troppo lontano, indipendentemente dall’essere in un periodo di conflitto o di tranquillità, assisteremo alla sempre maggiore importanza economica e politica di alcune nazioni emergenti nel panorama mondiale. Questo movimento è già iniziato, con la Cina che rappresenta una delle forze motrici principali di questa trasformazione di grande portata che toccherà governi, aziende e comunità. Dal suo ingresso nel WTO nel 2001, la Cina ha esteso notevolmente la propria influenza nei mercati globali e tra le istituzioni internazionali, proponendo un approccio alla globalizzazione che si discosta da quello propugnato dagli USA e dall’Occidente in generale, sia in ambito commerciale che tecnologico e finanziario.
La nazione asiatica, assieme alla Russia, guida lo sviluppo di una visione del mondo basata su un equilibrio multipolare, intento che viene supportato attraverso l’espansione del gruppo dei BRICS, che da cinque membri originari (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) è cresciuto a dieci includendo, dal primo gennaio 2024, potenze significative quali l’Arabia Saudita, l’Iran, l’Egitto, l’Etiopia e gli Emirati Arabi Uniti; durante il 16º vertice dei capi di Stato dei paesi BRICS ( Kazan, Russia | 22 al 24 ottobre 2024) è stata annunciata la categoria degli “Stati partner dei BRICS”, comprendente gli Stati con cui sono in corso le trattative diplomatiche per l’ammissione ufficiale all’organizzazione. La lista degli “Stati partner” comprende Algeria, Bielorussia, Bolivia, Cuba, Kazakistan, Indonesia, Malaysia, Nigeria, Thailandia, Turchia, Vietnam, Uganda e Uzbekistan.
La Cina ha dato vita a iniziative come l’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai (SCO) e l’Unione Economica Euroasiatica (EEU), e nel 2014 ha fondato la Banca Asiatica per gli Investimenti nelle Infrastrutture (AIIB), che ha contribuito ad ampliare la diffusione e il consolidamento dell’iniziativa della Belt and Road (BRI). In questo modo, si sta concretizzando una struttura istituzionale alternativa a quella creata dall’Occidente nel dopoguerra, che si basava sulla Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e il ruolo centrale del dollaro americano.
Questa analisi solleva diversi interrogativi, inclusa la questione dell’esplorazione del gas naturale nelle acque al largo di Gaza, nelle zone marittime palestinesi, evidenziando che il conflitto potrebbe essere guidato anche da finalità economiche. L’attuale sistema mondiale, che a breve compirà settant’anni, dopo la sconfitta del Nazismo dagli Alleati, sta vivendo una trasformazione, in parte perché il fulcro dell’economia e della prosperità si sta spostando verso Est, un’area dove si aggrega un vasto segmento delle industrie produttive, manifatturiere e tecnologiche.
E qual è la situazione dell’Europa?
Nell’estate del 2023, i colpi di stato in diversi stati africani e le conseguenti tensioni hanno avuto effetti significativi sull’economia europea. L’esempio del colpo di stato in Niger ha sollecitato una riflessione critica riguardo l’accessibilità dell’uranio. La Francia, che dipende dall’uranio delle miniere nigeriane per alimentare le sue cinquantasei centrali nucleari, ha visto il prezzo di questa risorsa quasi decuplicare a causa del repentino cambiamento politico. Inoltre, il Niger rappresenta un cruciale punto di passaggio per il petrolio diretto verso il Nord Africa e le industrie europee, le quali, in seguito alle restrizioni dovute al conflitto in Ucraina, cercano nuove alleanze. Questo evento illustra come i cambiamenti politici possono sollevare questioni emergenti con implicazioni non ancora comprensibili.
Il caso del Niger riporta in discussione un tema critico: l’economia dipende dall’uso di materie prime, sia quelle tradizionali sia quelle nuove, necessarie per le attività produttive. Queste risorse, che il Vecchio Continente non possiede e che potrebbero diventare difficili da ottenere o estremamente costose in futuro, costituiscono una sfida urgente. Per affrontare la situazione con crescente allarme, la Commissione europea ha definito un elenco di trentaquattro materie prime critiche, essenziali per l’Europa e la cui fornitura dipende da regioni del mondo la cui affidabilità è incerta.
L’Europa si trova in una posizione di dipendenza per quanto riguarda l’approvvigionamento di molteplici materie prime essenziali come rame, petrolio, gomma, gas naturale, titanio, uranio, terre rare, nonché di risorse meno abbondanti come tungsteno, fosforo, alluminio, manganese e cobalto, tutte importate principalmente da altre aree del globo. In contrasto, i Paesi BRICS, un gruppo che unisce nazioni in rapido sviluppo, si fanno portavoce anche degli interessi delle nazioni più povere ma ricche di queste materie prime e che vedono nell’Occidente solo un aggressore delle loro risorse.
In questo contesto si inserisce la dichiarazione provocatoria del presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva di aprile 2023, che proponeva di muoversi verso una de-dollarizzazione del commercio globale, un’idea ancora lontana dalla realizzazione ma che trova un silenzioso consenso tra quelli che si sentono esclusi dall’ordine economico globale e desiderano un ruolo più significativo, magari attraverso l’introduzione di una moneta comune per i Paesi BRICS o per quelli che si legano economicamente a loro. In linea con questa visione, l’iniziativa del presidente russo Vladimir Putin di gennaio 2024 di creare una borsa granaria a Mosca (una borsa merci), che prevede scambi in valute BRICS, mira a consolidare l’unità del gruppo e a offrire un’alternativa al dominio del dollaro.
In questo scenario di cambiamento, la Cina gioca un ruolo chiave ma discreto, essendo il principale produttore e detentore delle terre rare, oltre a essere un consumatore maggiore di risorse naturali essenziali per l’industria globale. Il consumo cinese di risorse naturali e la sua capacità di accumulare scorte per mantenere la sua posizione di “fabbrica del mondo” delineano un quadro di influenza economica e strategica globale, di fronte al quale anche l’Europa deve posizionarsi, specialmente nell’ambito della transizione ecologica ed energetica.
In questo quadro, i conflitti in Ucraina e nel Medio Oriente aggravano la tensione nelle relazioni internazionali e incidono sul comportamento degli attori di varie nazioni, in particolare quelle intenzionate a limitare l’influenza degli Stati Uniti e dell’Occidente. Al fine di esercitare pressione e conseguire i propri obiettivi, i BRICS – insieme ai tanti altri paesi che non si allineano alle strategie dell’Occidente – potrebbero in futuro prendere misure estreme, come tagliare drasticamente o interrompere le esportazioni di materie prime essenziali, per mettere sotto pressione le nazioni che fino a ora hanno goduto del maggior benessere. Come appunto, l’Europa.
Attraverso trattative volte ad aumentare i prezzi o a trascinare le parti in lunghe dispute legali, si cerca di minare la forza dei concorrenti occidentali. Questa strategia, in un contesto di crescente tensione e ostacoli, potrebbe sfociare in veri e propri confronti diretti tra le entità coinvolte, un’eventualità già in atto in molteplici focolai di crisi globali, come evidenziato da diversi osservatori internazionali.
Nell’arco storico e sullo sfondo delle grandi dinamiche mondiali, emerge un altro elemento spinoso: la demografia. Entro il 2050, vedremo un’esplosione demografica in certe zone del globo: l’India, ad esempio, ha recentemente superato la Cina diventando lo stato più popoloso del mondo. Il totale combinato dei loro abitanti si avvicina ai tre miliardi, persone che necessitano di cibo, vestiti, energia…
Questo contesto ribadisce l’importanza cruciale delle risorse naturali come base della ricchezza futura, che tuttavia potrebbero diventare sempre più rare. Ma dove si trovano esattamente queste risorse? L’attenzione si focalizza sulla terra, sui diagrammi che mappano le risorse naturali essenziali per la produzione in ambiti come l’agricoltura, il tessile, l’energia e il settore manifatturiero.
Nasce così un fervido interesse nel localizzare e studiare questi beni preziosi, al fine di capire come sfruttarli al meglio e garantirne l’utilizzo per gli anni a venire