Di Alfonso Navarra – Milano 6 novembre 2024
Le TV ci annunciano che Donald Trump, con l’aiuto decisivo di Elon Musk, ha vinto le presidenziali USA prevalendo su Kamala Harris. Il tipo di campagna elettorale che si è svolta deve farci preoccupare sullo stato malato della democrazia negli Stati Uniti e nel mondo.
Appare evidente la disuguaglianza nell’accesso al voto che fa registrare un pesante astensionismo dei gruppi sociali più poveri e fragili. Cresce il ruolo dei grandi potentati economici, della finanza, del digitale, intrecciati al complesso militare industriale. La stessa amministrazione statale si feudalizza in fazioni legate a cordate politico-economiche. Le istituzioni sono piegate a interessi di parte e perdono di credibilità, oltre che di trasparenza.
In questo contesto credo che occorra bene focalizzare la distinzione tra il nuovo autoritarismo illiberale e la nuova destra. Detto in modo brutale, alla domanda: Trump è un fascista, ritengo si debba rispondere di No. L’autoritarismo di Trump (e di Musk) sono cose del tutto nuove, diciamo contemporanee, si fondano su una caricatura estremista del valore della libertà. La libertà è intesa come spazio libero che va occupato con l’arroganza della propria volontà di emergere in un mondo visto come contesto di antagonismo competitivo, in cui i forti, gruppi umani e singoli, hanno da prevalere sui deboli.
Il vecchio fascismo storico, quello di Mussolini e Hitler, era fondato su uno statalismo totalitario che faceva coincidere il popolo con lo stato-nazione-razza, nella visione di una comunità organica di sangue-terra. Ma ve lo immaginate oggi The Donald (ed il suo partner Musk) ripetere il vecchio motto fascista: “Tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato.” Vale a dire la famosa formula redatta da Giovanni Gentile per l’enciclopedia Treccani proprio alla voce fascismo?
Costoro, invece, cioè il duo Trump-Musk, vogliono a parole la libertà che si conquista sgomitando con la forza che prevarica il prossimo nello stato minimo, al servizio della iniziativa privata, possibilmente senza limiti.
È questo concetto di libertà che si tratta di contrastare secondo la visione più adeguata ad esempio di un grande teorico politico canzonettista: la libertà è partecipazione. La libertà è, cioè, un “potere con”, facoltà e mezzi della cooperazione sociale che si realizzano in un contesto in cui regole collettive sono definite con un processo democratico.
La mia libertà di muovere il mio dito come voglio termina dove inizia l’occhio del mio prossimo. Questo è un punto di partenza che dovrebbe essere ovvio. E la libertà non è solo un capriccio individuale, non è il volo di un moscone… è un potere che può esplicarsi se una società ha stabilito, discutendo e decidendo, limiti e regole collettive condivise. Grande e quindi profondo Giorgio Gaber: la libertà non è uno spazio libero e neanche il volo di un moscone: LIBERTÀ È PARTECIPAZIONE!
In questa visione nasce il concetto gandhiano del diritto e della disobbedienza civile come massimo rispetto della legge. Una cattiva legge è meglio di nessuna legge, una cattiva Europa è meglio di nessuna Europa, una cattiva ONU è meglio di nessuna ONU. La cattiva legge la violo per gravi motivi di coscienza e chiedo di essere punito per suscitare la riflessione collettiva nella società che porta a cambiarla: questo è lo spirito del disobbediente civile nonviolento. E’ uno spirito che con la libera volpe in libero pollaio di Trump non ha nulla a che vedere…