TRE DOMANDE NON SCONTATE ALLA NUOVA “SINISTRA” TEDESCA

Politica
di Alfonso Navarra

Dopo la discussione del 16 novembre 2024 alla Casa Rossa di Milano; in preparazione dell’incontro online del 17 novembre

Presentazione del libro di Sahra Wagenknecht, Fazi editore, costo 20 euro, ieri, 16 novembre, alle 18:00 alla Casa Rossa di Milano.
Precede l’incontro online registrato, organizzato dai Disarmisti esigenti, oggi, domenica 17 novembre dalle ore 18:00 alle ore 20:00.

Vladimiro Giacché, filosofo marxista e dirigente bancario, non era fisicamente presente ieri alla Casa Rossa di Milano, ma tutto sommato l’iniziativa non ne ha risentito: il collegamento online con casa sua era buono, i suoi discorsi li ha potuti fare ed erano chiaramente udibili, l’interlocuzione con il pubblico (una 50ina di persone, per lo più attempate, ma anche qualche giovane c’era) è stata bene o male gestita.
Per ragioni di brevità, non sto a ripetere la premessa di motivazioni e le argomentazioni, esposte con efficacia e competenza da Giacché, che hanno spinto “Sahra la Rossa” a scindersi dalla Linke tedesca (è stata capogruppo al Bundestag) e a fondare il BSW questo gennaio, conseguendo buoni risultati alle europee (6,2%) e un autentico successo alle ultime elezioni in tre Lander ex DDR.
Questo successo già proietta il BSW tra i protagonisti della formazione del governo che emergerà dalle elezioni anticipate che si terranno nel febbraio 2025, dopo la crisi della “coalizione semaforo” (socialisti, verdi e liberali) guidata da Olaf Scholz. Si prevede la vittoria della CDU guidata da Friedrich Merz.
Vorrei proporre alcuni interrogativi su cui riflettere nell’incontro online di oggi, dove, da Disarmisti esigenti, ci proponiamo di imparare alcune lezioni dall’esperienza di un partito di sinistra che, giustamente dal nostro punto di vista, ha posto la lotta contro la guerra come priorità delle priorità.
Una priorità che, per i dirigenti BSW, deve riflettersi anche nei negoziati per la formazione del governo: la discriminante pacifista è aprire subito il dialogo con Mosca sulla guerra in Ucraina, cessare l’invio di aiuti militari a Zelenky per potere svolgere un ruolo da mediatori, rifiutare l’installazione degli euromissili USA.
In qualche modo, la telefonata di Scholz a Putin, che sta facendo scalpore, è anche collegata alla scadenza elettorale, perché il cancelliere in uscita risponde alle pressioni sia della destra (AFD) che della sinistra radicale (BSW, appunto). L’opinione pubblica tedesca in massima parte contraria alla guerra deve essere rassicurata sul fatto che il governo cerca autonomamente il dialogo, al di là dei veti dell’attuale amministrazione USA. L’accusa delle opposizioni morde: l’economia nazionale è entrata in crisi con le sanzioni alla Russia e con il blocco alle importazioni di gas russo. A Scholz per recuperare voti importa provare che non manda solo armi all’esercito ucraino, ma è anche pronto a cercare attivamente una via di pace tra Mosca e Kiev. Ci si sta preparando a negoziati, ora possibili con la nuova presidenza Trump, che potrebbero condurre alla fine dei combattimenti sul campo entro il 2025. I leader europei stanno comunque capendo – sembra più di una speranza – che la guerra non può terminare se non si parla con l’attuale dirigenza russa.
Si può allora stimare l’attivismo del cancelliere un calcolo, un tentativo di recupero di popolarità in extremis, abbindolando l’anima pacifista della Germania, mentre sul piano militare le cose, a quanto sembra, si stanno mettendo male per le armate ucraine.
Ma si torni all’alternativa proposta dal BWS per tornare a parlare e a rappresentare le classi popolari.
Il controprogramma per una società più giusta, a detta della Wagenknecht, deve essere fondato su valori non individualistici, ma comunitari, tra cui concetti aborriti dai “progressisti” contemporanei come la patria, capaci di definire l’identità, non più di una minoranza intellettualista, ma di una maggioranza fatta di persone concrete.
Le domande da avanzare possono essere tante, ci sono quelle scontate sulle posizioni del BSW riguardo l’immigrazione da controllare e la conversione ecologica da calibrare come “giusta transizione “, non gravante, come costi immediati, sui lavoratori che faticano a sopravvivere
Io comincerei con tre questioni derivanti, spero, da un approccio meno ordinario e superficiale, da “sinistra alla moda”.
1) Va distinto il nazionalismo dal patriottismo. E del resto la Resistenza storica al nazifascismo la differenza la faceva e la rivendicava. Anche Carlo Cassola, lo scrittore antimilitarista, voleva il disarmo unilaterale dell’Italia per prima perché patriottico e non nazionalista. Ma che ruolo e spazio dobbiamo riservare a un nuovo internazionalismo? I disarmisti esigenti propugnano un nuovo internazionalismo della terrestrità, la pace con la Natura è il compito prioritario comune dell’umanità ed è condizione per la pace tra gli esseri umani nei vari conflitti armati in corso. La nonviolenza non è allora indispensabile alla pace e non misura la sua efficacia con i progressi del diritto internazionale?
2) In questo nuovo internazionalismo, che punta a fare riconoscere a livello ONU i diritti dell’umanità insieme a quelli della Natura, c’è un possibile ruolo positivo per una Europa possibilmente più integrata su basi democratiche? Ad esempio con i poteri legislativi del Parlamento europeo? L’integrazione europea può solo avvenire a scapito della sovranità statale e quindi della sovranità popolare, se si disconoscono le entità sovranazionali e si individua nello Stato l’unico strumento funzionante e valido per demonopolizzare e regolare i mercati e garantire i diritti sociali?
3) Il valore della libertà individualistica, non a caso cavallo di battaglia della nuova destra, accoppiata Trump-Musk in testa, va respinto. Ma come si può integrare nel comunitarismo, che vogliamo facilitare, una istanza libertaria (non liberale e liberista!) positiva? Le manifestazioni non devono essere ridotte a performance teatrali auto espressive dei soggetti individuali, va bene. Ma renderle momenti di lotta e di vertenza può assumere modalità comunicative che esprimano non la rabbia di ribelli vendicativi, ma l’assertività fiduciosa e gioiosa di costruttori di situazioni e rapporti autentici, anche in un nuovo dialogo tra genere maschile e genere femminile?
Per il momento mi fermo qui, in preparazione e attesa della discussione di oggi e degli spunti che da essa emergeranno.

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