VERBALE ASSEMBLEA PACE TERRA DINITÀ NORD ITALIA 3/10/2024
Maurizio Tarantino CoordinatoreNord -italia per PTD
Siamo davanti a una situazione in cui la politica non si sta occupando delle preoccupazioni e delle necessità della gente, nessuno sta rappresentando la maggioranza degli italiani e degli europei che è contro la guerra, ma questo lo sentiremo dopo nei vari interventi. Sulla parte organizzativa voglio soffermai un attimo intanto per spiegare perché ci si è presi questi mesi di pausa dopo l’esperienza elettorale.Dico il mio punto di vista: dopo le elezioni lo scoglio più grosso era creare Pace Terra Dignità come gruppo, ovvero come associazionedi persone con una propria identità. Per tutta la raccolta firme e la campagna elettorale, PTD è stato un aggregato di più soggetti, i più importanti: Rifondazione Comunista, Mera25c, Disarma, hanno contribuito a creare un comitato elettorale per una lista alle europee intorno alle idee e alle proposte di Pace Terra Dignità. Ognuno ha fatto la sua parte ottenendo un buon risultato, ma dopo le elezioni è stato subito chiaro che questo aggregato di più soggetti mancava del soggetto principale, ovvero Pace Terra Dignità stesso. Ptd esisteva come aggregato dia altri ma non aveva una sua identità, una sua organizzazione e un suo gruppo dirigente. Per tali ragioni da subito c’è stato un grosso rischio di essere colonizzati da altre associazioni e fagocitati da un sistema che vedeva vari soggetti, a vario titolo, porsi come gruppi dirigenti di varie aree d’Italia. È per questo che si è preferito “lavorare con lentezza”, per prima cosa legittimando un Consiglio Direttivo nazionale dell’associazione che creasse i primi organi territoriali delle macro-aree, Nord – Centro- Sud, per avviareun periodo costituente e favorire la nascita di gruppi, assemblee e organi regionali. Tutto questo stiamo cercando di avviare con queste assemblee.
La prima domanda che vi rivolgiamo dunque è cosa vogliamo essere?
Sabina Ciuffini Coordinatrice del Nord -italia per PTD
Co-presiede l’Asemblea e da la parola agli intevrnuti, le conclusioni saranno di Michele Santoro.
Alfonso Navarra
Necessità di un pacifismo “concreto”. Usciamo dalla complicità alla guerra: non basta dire “cessate il fuoco”. La complicità si manifesta soprattutto con la propaganda mediatica, con una falsa informazione che non racconta la profonda crisi in cui la guerra ci ha gettato. Interessante l’esperienza di Sahra Wagenknecht, che in Germania ha ottenuto consensi bipartisan con molte persone tornate al voto. Esiste uno spazio che va riempito per una necessità popolare.
Elisabetta Tealdi – Milano
Volontaria di Emergency, attiva nel pacifismo milanese, partecipa alla marcia della Pace partita dal Costa Rica. La sera precedente, abbiamo partecipato anche da Milano a questa iniziativa e sotto l’Arco della Pace eravamo in 300 persone. Esiste un tavolo che sta lavorando per il 22 novembre, quando la marcia della pace arriverà a Milano. Collabora con una biblioteca in un municipio che ha un assessore alla non violenza. È delusa dall’app “Servizio Pubblico”, che non funziona, non si aggiorna e non si riesce a usare. Potrebbe essere un grande strumento.
Damiano Crescente – Torino
Non affidarsi ai sondaggi: un vero movimento per la pace non esiste, e le elezioni europee l’hanno certificato. Occorre un lavoro di massa continuo e costante. Serve un movimento per la pace pervasivo e incisivo, quotidiano, con una serie di “agenti di Pace”. Servirebbe una spilla da mettere sempre in vista, bandiere sempre presenti sul territorio. Devono nascere gruppi locali in grado di parlare con tutti, senza steccati ideologici, che organizzino sul territorio con un minimo di autonomia. Serve parlare all’elettorato del PD e degli altri partiti per fargli percepire il pericolo. Serve un’operazione culturale.
Carlo Pozzoli – Monza
Deluso dalla definizione di Santoro “Alleanza per la Pace”. Serve un aggregatore di realtà come Disarma o Rifondazione; serve un partito della Pace. Se si vuole lavorare come associazione per la pace, si rischia di replicare decine di associazioni già esistenti. Serve dare consistenza al gruppo politico.
Rocco Giacomino – Imola
Ex militante politico della sinistra, ora vivo da esodato dallo spazio pubblico. Serve andare avanti: abbiamo rivisto un lume in fondo al tunnel e va provato ad alimentare questo seme per fargli dare dei frutti. Occorre uno strumento che spieghi le cause della guerra per porre le ragioni della pace. Il risultato è stato di tutto rispetto. Restare movimento, lontano dal ceto politico e dalle derive elettorali. Lavoriamo alla costruzione del movimento.
Agostino Giordano – Bologna
Pace Terra Dignità mi ha riconciliato con la politica, una forza che manca alle prossime regionali in Emilia Romagna. Abbiamo provato a portare alcune istanze pacifiste nelle regionali, ma non c’è stata un’adesione né di PRC né di Potere al Popolo. Lo spazio da presidiare non è né con Putin né con la propaganda occidentale, anche a sinistra. Si guardi a Carola Rakete e alle dichiarazioni sulle armi da usare contro la Russia. Bisogna evitare gli aspri minoritari, ma stare attenti a costruire dei tavoli per l’alternativa. Bisogna però porre attenzione ai temi populisti, soprattutto sull’immigrazione: per esempio, Sara la rossa su questo sta tenendo posizioni razziste. Per noi è importante perseguire una politica sull’immigrazione non discriminatoria.
Alfredo Comito – Milano
Ex militante di Rifondazione, vede un pericolo di repliche di cartelli elettorali che a ogni tornata poi puntualmente si disgregano. Bisogna quindi evitare il limite delle elezioni come traguardo fisso. Dobbiamo concentrarci per costruire un nostro linguaggio semplice, efficace e non effimero sulle classiche parole d’ordine della sinistra. È importante aggiungere alcune parole chiave sul lavoro: servono realtà affidabili.
Fabrizio Fontanelli – Reggio Emilia
Serve fare cultura, serve lavorare sul tema della conoscenza. Bisogna far conoscere quali sono le radici e le ragioni della guerra. Sul piano locale, anche nel PD si trovano sensibilità simili alle nostre; serve un lavoro interpartitico per promuovere la pace.
Paola Di Pinto – Bolzano
Ex militante del PCI, ora orfana di partiti, ha aderito a PTD. È importante capire chi si è prima di agire: associazione, partito o cartello elettorale? Se si sceglie la via dell’associazione, serve una trasmissione seria con la politica. Ci sono delle leggi antidemocratiche, come il Decreto Sicurezza. Noi possiamo creare la coscienza sociale, ma serve lavorare con la politica.
Stefano Carannti – Cremona
Favorevole all’associazione, evitiamo la partitocrazia. Serve un’associazione che porti avanti i principi fondanti espressi nel nome. Serve un comitato per la pace che esprima un bollino di certificazione, un bollino di qualità, che possa garantire, con la sua adesione alle future liste o esperienze politiche, una garanzia di pacifismo e coerenza.
Maurizio Fabbri – Milano
Consapevolezza ed entusiasmo nel considerare l’esperienza riuscita. Individuare la forma associativa come la più efficace per affrontare una situazione devastante, che vuole dare voce a milioni di italiani contro la guerra. Serve un movimento. Va fatto un lavoro sulle nuove generazioni, a partire dalle scuole. Utilizzo impegnato di una contro-comunicazione rispetto alla propaganda. Dobbiamo informarci prima di tutto sulla guerra, e poi i diritti sociali verranno tutelati di conseguenza. Serve una sede fisica.
Vittoria Fiore – Genova
Incuriosita da Rifondazione Comunista, sono alle prime esperienze. Mi interessa Pace Terra Dignità. Se si decide di diventare un partito, dobbiamo avere forti slogan di sinistra radicale per battere le destre. Serve una serie di parole d’ordine. Sono a Genova e sono disponibile: dobbiamo partire con l’idea di vincere senza compromessi, serve chiarezza. Pace come tema decisivo, ma serve parlare anche di lavoro e giustizia sociale.
Giorgio Pagano – Venezia
Decano di Radio Radicale, è stato cacciato fuori dalla radio per le sue posizioni sulla Palestina. Censurata la sua trasmissione e chiusa la sua rubrica. Tra i fondatori del Partito Radicale. Bisogna lavorare sulla comunicazione: è negato il diritto all’informazione e alla conoscenza. Vengono censurate intere trasmissioni, soprattutto quelle russe, in tutta l’Unione Europea. Il paradosso è che queste trasmissioni si possono vedere negli Stati Uniti. L’Europa ha una posizione pericolosa: da 70 anni subiamo una formazione anglosassone sull’opinione pubblica. Gli Stati Uniti hanno invaso 190 Stati nella loro storia, e nessuno lo dice. C’è una censura a livello continentale. Bisogna intervenire sugli ordini per assicurare un’informazione pluralista e completa, senza omissioni e parzialità.
Antonella – Milano
Sociologa femminista, sostiene che siamo vittime della cultura maschile. La guerra, per esempio, è permeata dalla cultura maschilista: il concetto di vittoria, per esempio. Serve una cultura di accettazione dell’altro, che sia più aperta, una caratteristica prettamente femminile, come la mediazione come mezzo per salvare il mondo, portata avanti dalle donne. Sono in grado di farsi ascoltare ed educare in qualche modo. Serve far emergere la voce delle donne.
Ivana Cecoli – Bologna
Bolognese, vive in Puglia, nella valle d’Itria. È disponibile a mettere a disposizione anche la sua casa per organizzare PTD. Porsi esclusivamente come movimento pacifista può essere poco incisivo, buonista. Serve più chiarezza nell’essere contro l’imperialismo e la guerra mondiale, usando un termine più incisivo.
Emanuele Negro – Torino
Evitare cartelli e raggruppamenti, perché portano alla deflagrazione. Serve una linea di persone scollegate dalle appartenenze terze, senza suffissi di partito o di altre associazioni. È importante avere una linea chiara e definita sulla NATO e i tempi della guerra, ma in generale, serve un programma politico che ci rappresenti. Serve lavorare con gruppi di lavoro per identificare una posizione univoca. Serve una rappresentanza politica agli orfani di rappresentanza e, per questo, bisogna presentarsi alle elezioni ogni volta che è possibile.
Enrico Quarantiello – Bologna
Crede molto nella lista, convinto durante la raccolta firme, visto l’entusiasmo contagioso. Finita la fase elettorale, però, ci siamo un po’ fermati; alcune persone si sentono orfane del movimento. Serve una maggiore strutturazione, serve capillarità sul territorio, che finora ci ha reso succubi di Rifondazione. Siamo davanti a una guerra mondiale a pezzi. Serve una sede almeno nelle città più importanti, con il simbolo ecc. Io avrei partecipato anche alle elezioni perché avrebbe continuato a darci visibilità. Si sarebbe potuto fare qualche apparentamento per le regionali per potenziare il fronte per la pace.
Elisabetta Forni – Torino
Il futuro di PTD deve essere un partito politico. Ci sono migliaia di associazioni che spesso si replicano e non producono modelli alternativi. Servono spazi di formazione e informazione, servono persone competenti da candidarsi, anche dalla società civile.
Michele Santoro
Quella di stasera è solo una ripresa di discussione da ora in avanti ci saranno assemblee territoriali più capillari. Il confronto di questa sera serve anche a me per formarmi un’opinione sulle vostra aspettative. Il periodo di silenzio è dovuto al fatto che abbiamo dovuto chiarire alcuni punti rispetto alle altri componenti che hanno partecipato con noi alle elezioni. Devo dire che Rifondazione non ha fatto molto per la campagna elettorale, soprattutto sul piano finanziario, il voto dei 530 mla a PTDè stato un voto orfano di partiti e non il voto a Rifondazione che ha ottenuto risultati esigui, lo vediamo dai numeri e dalle preferenze. Molti elettori di quell’area hanno preferito votare per la Salis. Inutile distinguere tra associazione e partito perché il partito è un’associazione. Noi non siamo un’associazione di sinistra, ma un’associazione contro la guerra, “usciamo dalla guerra” partiamo dal presupposto dalla guerra non è uno dei tanti temi della politica ma è la nuova forma della politica, un sistema di guerra infinita che va contestata anche perché contestare questo sistema significa automaticamente chiedere un cambiamento di sistema. Noi non dobbiamo fare un partito con istanze di parte, io vorrei un movimento in grado di influenzare l’insieme del sistema politico. Noi vogliamo un partito d’azione in grado di far cambiare linea al PD che candida Tarquinio o i 5S che mettono la parola pace nel logo. Vorrei far capire alle persone che vogliono il nuovo partito della sinistra in Italia, che questo non è l’obiettivo di PTD. Potremo unirci per lotte e battaglie future a partiti come Rifondazinone AVS ecc. ma ricostruire la sinistra non è la causa fondante di PTD. Dobbiamo uscire fuori dalle dinamiche di piccole formazioni, dobbiamo pensare con la nostra testa, serve un processo di autocoscienza. Siamo per la pace, non dobbiamo rifondare la sinistra. Ho fatto 700 km al giorno per parlare con la gente non per andare a Bruxelles, io mi voglio dedicare al movimento alla comunicazione e alla creazione di una coscienza collettiva contro la guerra. Se vogliamo costruire un gruppo io ci sono, ho tante idee, sull’organizzazione degli spazi fisici per esempio, ma dobbiamo confrontarci e lavorare insieme. Dobbiamo infine capire che i problemi non si risolvono sbandierandoli solo sul piano ideologico. Per esempio sull’immigrazioni dobbiamo stare tra la gente ed evitare le ideologia. Magari andiamo una volta a parlare con gli operai, andiamo noi a parlare di immigrazione nei quartieri e nelle periferie, non andiamo però con delle verità precostituite, prima ascoltiamo e poi troviamo le soluzioni insieme a loro. Credo ci sia una grande spinta in PTD usiamola per uscire fuori e non per arrovellarci internamente. Per quel che riguarda la base di partenza programmaticapartiamo dai 3 documenti che uscirono dall’assemblea del Ghione con posizioniche sono ben delineate lavoriamo su quelle e sviluppiamole.