OBIETTRICI/OBIETTORI DI COSCIENZA ALLE GUERRE E AL MILITARISMO: SI CERCA LA LEGGE DI RICONOSCIMENTO MA L’IDENTITA’ ETICO/POLITICA LA SI AFFERMA A PRESCINDERE
Di Alfonso Navarra*
Questo inizio 2025 constatiamo una straordinaria ed insolita attenzione, da parte di pacifisti neofiti, sulla pubblicazione, nelle case comunali, di “manifesti” di obbligo di iscrizione al servizio di leva.
L’iniziativa dell’affissione è ad opera di amministrazioni di tutti i colori politici: di centrodestra, di centrosinistra, guidate da liste civiche e quanto altro; e non deve allarmare più di tanto, perché è un obbligo di legge.
Quella che eventualmente potrebbe essere straordinaria (stiamo verificando) è la richiesta, da parte della maggior parte dei manifesti, di attivazione da parte delle famiglie, o anche degli stessi giovani, al fine di iscriversi nelle liste di leva. Chiedono, cioè, che venga inviata una domanda, anche se non si capisce la procedura da seguire, che non viene descritta.
(La segnalazione di questa particolarità l’abbiamo da Terri Silvestrini, dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole).
Questa “proattività”, sollecitata probabilmente da direttive dall’alto, potrebbe essere una novità rispetto alla prassi sinora seguita dai Comuni, dalla “sospensione” del servizio militare obbligatorio del 2005, che invece avvisavano di procedere per via d’ufficio all’iscrizione alle liste di leva attingendo “i nominativi dai propri registri di anagrafe e di stato civile”.
Non si basa, questa novità, lo si ripete, su una nuova normativa. La normativa richiamata, talvolta frettolosamente, va dal 1964 al 2010, ma sostanzialmente i diversi manifesti dei Comuni riproducono il d.p.r 14 febbraio del 1964, n. 237, artt. 34 e 35, ripresi talvolta testualmente, talvolta con modifiche.
Sarà interessante seguire l’iter di queste iniziative dei Comuni, in particolare l’effettiva attivazione della procedura e le reazioni delle famiglie alla prospettiva di veder arruolato un loro figlio diciassettenne, ma anche l’emergere delle contraddizioni sulla cittadinanza di donne e stranieri.
E, dal nostro punto di vista, ovviamente sarà ancor più interessante capire come, nelle attuali condizioni giuridiche di leva sospesa, si possa continuare a praticare l’obiezione antimilitarista in modo sensato ed efficace. Tenendo presente un punto fondamentale: essere obiettori di coscienza è prima di tutto una identità etica e politica, non dipende dall’esistenza di una legge. Questo significa che una persona può essere obiettore di coscienza indipendentemente dal fatto che il suo paese abbia o meno una legge che riconosce e disciplina questa posizione.
Ecco alcuni punti chiave per comprendere meglio questa affermazione:
- Radici profonde: L’obiezione di coscienza affonda le sue radici in convinzioni morali, religiose, filosofiche o politiche profondamente radicate nell’individuo. Queste convinzioni portano la persona a rifiutare di partecipare ad azioni che considera moralmente inaccettabili, come l’uso delle armi o la partecipazione alla guerra.
- Scelta personale: L’obiezione di coscienza è una scelta personale e intima, basata sulla propria coscienza e sui propri valori. Non dipende da un riconoscimento esterno o da una legge che la legittima.
- Diritto umano: Sebbene non esista un trattato internazionale che lo sancisca esplicitamente, l’obiezione di coscienza è considerata da molte organizzazioni internazionali e da diverse Corti come una manifestazione della libertà di pensiero, di coscienza e di religione, diritti fondamentali riconosciuti a livello internazionale. Esistono campagne internazionali che vanno in questa direzione e la WAR RESISTERS’ INTERNATIONAL ne è promotrice e protagonista.
- Riconoscimento legale: Il riconoscimento legale dell’obiezione di coscienza da parte di uno Stato è un atto importante che permette agli obiettori di esercitare questo diritto senza subire sanzioni o discriminazioni. Tuttavia, l’assenza di una legge non annulla la scelta etica – o politica profonda – dell’individuo.
- Obiezione di coscienza “de facto”: Anche in paesi dove non esiste una legge sull’obiezione di coscienza, le persone possono comunque rifiutarsi di prestare il servizio militare o di partecipare a determinate attività, assumendosi le conseguenze legali di questa scelta (ad esempio, la condanna per insubordinazione o diserzione). In questi casi, si parla di obiezione di coscienza “de facto”.
In sintesi, l’obiezione di coscienza è una posizione etica e politica che nasce dalla coscienza individuale e che esiste indipendentemente dal suo riconoscimento legale. Il riconoscimento legale è importante per tutelare gli obiettori e garantire loro alternative al servizio militare, ma non è ciò che definisce l’obiezione di coscienza in sé.
Per fare un esempio storico, basti pensare alle prime forme di obiezione di coscienza al servizio militare, che si manifestarono ben prima che esistessero leggi che le riconoscessero. Queste persone, spinte dalle loro convinzioni, si rifiutavano di imbracciare le armi, anche a costo di subire pesanti sanzioni.
La 772 del 1972, che in Italia ha portato al riconoscimento dell’obiezione di coscienza quale diritto soggettivo è stato il frutto di ben 150 persone (circa) che hanno affrontato il sacrificio del carcere, mano mano che la lotta collettiva andava avanti, meno lungo e duro.
Pietro Pinna sconta quasi due anni: inizia il servizio militare a Lecce ed il giorno del giuramento, nel 1948, si dichiara obiettore di coscienza, iniziando un iter giudiziario che durerà fino al 1950: è il primo caso di obiezione di coscienza “laica” che suscita l’attenzione dell’opinione pubblica italiana.
(Gli ultimi obiettori con domanda respinta, nel 1981, invece al massimo si faranno un paio di mesi).
L’obiezione di coscienza è una scelta interiore e profonda, un atto di responsabilità individuale in un’ottica di bene comune che trascende i confini delle leggi e delle convenzioni sociali.
Oggi una campagna, di cui trovi informazioni al seguente link, propone di attualizzarla, con una dichiarazione di impegno:
PER L’OBIEZIONE ALLA GUERRA
PER L’OBIEZIONE (ANCHE PREVENTIVA) AL SERVIZIO MILITARE CHE LA PREPARA
PER ATTUARE E COSTRUIRE LA DIFESA NONVIOLENTA
PER IMPLEMENTARE L’ALBO PUBBLICO DEGLI OBIETTORI APERTO A TUTTE/I
Il link è:
Di questa campagna si sente la necessità, oltre gli ambiti consueti dei gruppi dell’antimilitarismo nonviolento, perché è diffusa la sensazione che i venti di guerra stiano spingendo l’Alleanza atlantica a cercare nuovo personale militare da gettare al fronte.
La sospensione della leva era legata anche al fatto che, per garantire la prevalenza degli armamenti sui costi per il personale nelle spese militari, era necessario il passaggio alla sola composizione professionale delle forze armate. Erano anche anni in cui il calo delle nascite non influiva sul ricambio generazionale. Oggi semplicemente anche questi elementi demografici sono cambiati e ciò spinge a ritenere inevitabile un adeguamento del settore militare, particolarmente sensibile alle sfide ambientali.
Per quanto riguarda i Paesi NATO, ci sono diversi fattori che, a livello nazionale, possono spingere alcuni paesi membri a considerare o discutere questa possibilità:
- Mutato contesto geopolitico: L’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, per come e quanto la si vogli analizzare e contestualizzare, ha comunque drasticamente cambiato il panorama della sicurezza europea. Questo ha portato molti paesi a rivalutare le proprie capacità di difesa e a considerare misure per rafforzare le proprie forze armate, tra cui l’addestramento di un maggior numero di cittadini.
- Declino del numero di reclute: In molti paesi con eserciti professionali, si osserva una difficoltà crescente nel reclutare personale. Un servizio militare breve potrebbe essere visto come un modo per avvicinare i giovani alle forze armate e potenzialmente reclutarli in seguito.
- Preoccupazioni per la coesione sociale e i valori civici: Alcuni politici e opinionisti ritengono che un periodo di servizio militare, anche breve, possa contribuire a rafforzare il senso di appartenenza alla comunità nazionale e a promuovere valori come la disciplina, il rispetto e il senso del dovere.
Esempio di altri paesi: Alcuni paesi, come la Svezia e la Lituania, hanno reintrodotto o rafforzato forme di coscrizione dopo un periodo di sospensione, citando l’aumento delle tensioni internazionali. La Germania, fino ad oggi il Paese guida della Ue, con il ministro Pistorius ha deciso di imitare il “modello danese”. Ma la crisi del governo semaforo, con le elezioni anticipate previste per il 23 febbraio, ha complicato le cose e la sopravvivenza della proposta dipenderà molto dall’esito delle elezioni e dalla composizione del nuovo governo.
Per le esigenze securitarie interne, tra i possibili compiti delle mini-naje, non è necessario del personale particolarmente formato come quello che deve operare all’estero, possono anche andar bene dei soldati non particolarmente addestrati così come per operazioni come quelle ausiliarie della protezione civile. Per reprimere una manifestazione studentesca o di lavoratori occorrono donne e uomini disposti e capaci di usare mezzi maneschi: questo senza aver mai visto un cannone o una mitragliatrice. Tutt’al più basta sapere usare una pistola taser e soprattutto manganelli o mitragliatrici lancia-lacrimogeni…
*Già segretario della Lega obiettori di coscienza, attualmente coordinatore dei Disarmisti esigenti. Articolo redatto con l’aiuto di Gemini